LUCCA (LU) – La conferenza stampa tenuta in tarda mattinata dalla Polizia di Stato di Lucca ha fatto emergere i dettagli dell’operazione e del sistema messo a punto dalla GFDD Altopack Eppela, formazione di ciclismo dilettantistica toscana, che induceva i propri atleti a pratiche dopandi. L’indagine, condotta in collaborazione con il Servizio Centrale Operativo e coordinata dalla Procura della Repubblica di Lucca, ha avuto inizio a seguito della morte improvvisa di Linas Rumsas, avvenuta il 2 maggio 2017. Il giovane, tesserato per la società in questione, mentre si trovava insieme ai familiari nella sua abitazione di Capannori (Lucca), era caduto a terra privo di conoscenza e in ospedale era deceduto per arresto cardiaco.

Alcuni elementi avevano fatto pensare subito agli inquirenti che potesse esserci un legame tra l’improvviso decesso del ragazzo e il possibile uso o abuso di farmaci non autorizzati. Ad avvalorare l’ipotesi, la presenza, tra i direttori sportivi della squadra, del padre, Raimondas Rumsas, ciclista di fama internazionale, in passato coinvolto, insieme alla madre del ragazzo, Edita Rumsiene, in indagini per traffico internazionale di sostanze dopanti.

LE INDAGINI – L’indagine sulla famiglia Rumsas e sui componenti dello staff della Altopack ha fatto luce sulle pratiche dopanti a cui – come specificia il comunicato stampa diffuso dalla Polizia di Stato – erano abitualmente sottoposti i corridori della squadra, incoraggiati e favoriti, nell’assunzione di sostanze proibite, dal direttore sportivo e dal proprietario del team. La somministrazione delle sostanze, prima del decesso di Linas Rumsas, avveniva nel ritiro della Squadra, a Capannori (LU), dove gli atleti hanno vissuto durante la stagione ciclistica; dopo la morte del ragazzo, e per la durata dell’indagine, la somministrazione è avvenuta nell’abitazione dei genitori del proprietario dell’Altopack, Luca Franceschi.

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6 ARRESTI – Oggi il cerchio si è chiuso con 6 persone condotte agli arresti domiciliari e 17 indagate a piede libero. Secondo le indagini Luca Franceschi, proprietario dell’Altopack-Eppella, reclutava i ciclisti più promettenti, li motivava al doping e procurava loro le sostanze dopanti, tra cui l’EPO in microdosi; Narciso Franceschi e Maria Luisa Luciani, genitori di Luca, proprietari dell’abitazione messa, stabilmente, a disposizione degli atleti, accoglievano i corridori immediatamente dopo le competizioni ciclistiche per la somministrazione in vena delle sostanze dopanti, vietata in ritiro per il timore dei controlli della Federazione; Elso Frediani, direttore sportivo dell’Altopack, conoscitore delle metodologie di somministrazione del doping, nel curare la preparazione atletica dei ciclisti, si preoccupava di assicurare loro le necessarie consulenze, anche mediche, per una corretta somministrazione delle sostanze proibite, tale da eludere i controlli in gara; Michele Viola, ex corridore e preparatore atletico dell’Altopack dopo l’allontanamento di Frediani, è colui che ha venduto a Franceschi l’EPO destinata ai ciclisti dell’Altopack ed elargito consigli su come assumere la sostanza per nascondere la positività ai controlli antidoping; Andrea Bianchi, farmacista e ciclista amatoriale, riforniva gli atleti di ormoni e altri farmaci, anche di natura oppiacea, coadiuvanti dell’EPO, da somministrare in vena, senza la necessaria prescrizione medica.

L’ACCUSA – Gli accusati sono stati tutti sottoposti, dal GIP di Lucca, alla misura cautelare degli arresti domiciliari per associazione a delinquere finalizzata a commettere più delitti in materia di doping, allo scopo di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti. Per alcuni di essi – Franceschi, Frediani e Viola – l’accusa è di aver commercializzato farmaci dopanti attraverso canali diversi dalle farmacie aperte al pubblico; con l’aggravante, per Frediani, di aver commesso i fatti da iscritto alla Federazione ciclistica italiana. Oltre ai componenti il sodalizio, sono 17 gli indagati, tra i quali un noto medico sportivo, a cui Frediani si è rivolto, in più occasioni, per delle consulenze sull’utilizzo di farmaci dopanti, anche al fine di eludere i controlli antidoping, il secondo direttore sportivo dell’Altopack, per aver somministrato e favorito l’utilizzo dei farmaci agli atleti del team, e per lo stesso reato è indagata la compagna del proprietario dell’Altopack. La donna, ritenuta insospettabile, era affidato il compito di portare i farmaci in gara, per assicurarne la pronta somministrazione agli atleti. Dovrà rispondere, infine, di frode sportiva la maggior parte dei ciclisti che hanno gareggiato per l’Altopack nella stagione ciclistica 2016/2017.

LE SOSTANTE DOPANTI RITROVATE – Nel corso dell’indagine sono state sequestrate 25 fiale di EPO “Retacrit Epoetina”, trovate nel frigo di casa di Michele Viola. Sono state inoltre eseguite diverse perquisizioni nelle province di Pistoia, Livorno e Bergamo. Nell’abitazione di Luca Franceschi e in quella dei suoi genitori sono state sequestrate siringhe, aghi butterfly, cateteri endovenosi e diversi flaconi di Ringer Lattato e Glucosio, coadiuvanti dell’EPO. Nel ritiro della Squadra, quantunque vietati, erano presenti e sono stati sequestrati potenti antidolorifici, indicati nella tabella delle sostanze stupefacenti e psicotrope, detenuti in assenza di prescrizione medica, e un numero consistente di siringhe e aghi. A casa di alcuni ciclisti sono state sequestrate, inoltre, confezioni di testosterone e ormoni per la crescita, detenuti in assenza di prescrizione medica.

Perquisiti anche l’abitazione del padre del giovane ciclista deceduto ed il  fratello maggiore Raimondas Junior, anche egli promessa del ciclismo. Il ragazzo, a Lucca di ritorno da un’importante competizione sportiva, è stato sottoposto dai medici della Federazione Nazionale di Ciclismo a prelievo di sangue e urine. Positivo ad un potente ormone per la crescita, è stato denunciato per frode sportiva e sospeso dalle competizioni agonistiche per quattro anni.