MILANO (MI) – Il ciclismo prova a ripartire. Da qualche giorno, anche in Italia, dopo il lockdown per la pandemia di Coronavirus, gli atleti hanno potuto tornare ad allenarsi all’aria aperta. Ieri vi abbiamo dato notizia della Israel Start-Up Nation, prima squadra professionistica che si è radunata (sempre in piccoli gruppi e osservando tutte le precauzioni del caso). A breve toccherà anche agli altri Paesi e con tutta probabilità dal 18 maggio anche all’Italia (foto LaPresse).

L’intenzione di tutti, soprattutto a livello di ciclismo professionistico è ripartire. L’UCI si è già dato un nuovo calendario gare, almeno per quanto riguarda il WorldTour. Ripartire, ma come? Venerdì scorso ne hanno parlato i medici delle squadre con il responsabile sanitario dell’UCI, Xavier Bigaard. Ieri La Gazzetta dello Sport ha riassunto i contenuti di questo confronto in un interessante articolo a firma di Ciro Scognamiglio. Secondo quanto scrive la Rosea una bozza di protocollo la federazione ciclistica internazionale l’ha inviata, per richiedere consulenza, anche al cardiologo romano Alessandro Biffi a riguardo dei problemi cardio-vascolari legati alla ripresa dell’attività.

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ESAMI E TAMPONI

Per la ripresa dell’attività sportiva è allo studio una procedura precisa e rigida di esami e controlli. Ne parla alla Gazzetta Carlo Guardascione che è il responsabile dello staff medico della Bahrain-McLaren: “Prima di ricominciare ad allenarsi intensamente e partecipare a un training camp, tra gli obblighi ci sono degli esami ematici più ampi che comprendano quelli per la funzionalità epatica e renale. Poi visita medica e elettrocardiogramma a riposo insieme al questionario cardiologico e sul Coronavirus. Oltre a test sierologico e/o tampone. Chiaro che ora come ora, in Italia e anche altrove, non è così facile fare un tampone. Speriamo che per giugno la situazione migliori”, auspica il medico lombardo.
E nel caso a un componente del team fosse riscontrato che ha contratto il Covid-19? “Subito esami cardiologici e polmonari più approfonditi”. Per chi fosse stato ricoverato, prevista risonanza magnetica cardiaca.

LAVORO IN GRUPPI, AL MASSIMO DI 4

Anche nell’attività sportiva e nella fattispecie ciclistica le regole e gli atteggiamenti principali da osservare e adottare sono gli stessi che, ormai, sono diventati familiari nella vita di tutti i giorni per ciascuno di noi. Distanziamento, mascherine, gel, lavare le mani, non scambiare borracce, allenarsi a piccoli gruppi, sanificazione scrupolosa degli ambienti. Tutto regolato da un protocollo come spiega, sempre a La Gazzetta, il dottor Nino Daniele, della Trek-Segafredo di Nibali: “La proposta di protocollo ha il doppio obiettivo di limitare i rischi individuali durante la ripresa degli allenamenti e limitare la possibilità che l’infezione circoli durante i training camp. Si lavorerà in gruppi di 3-4 atleti con massaggiatore e meccanico dedicati, stesse stanze, tavolo separato”, precisa.

VIAGGI E SPOSTAMENTI

Particolarmente delicata è la questione dei viaggi e degli spostamenti. Le squadre sono composte in maggioranza da atleti di differenti nazionalità e non è ancora chiaro se e quando ci si potrà spostare dai propri Stati di residenza. Si resta in attesa di decisioni governative. Un’interrogativo che è anche un auspicio è: gli atleti di alto livello si potranno muovere più facilmente?
Su questo tema Luca Guercilena, team manager della Trek-Segafredo, aveva già proposto nei giorni scorsi, sempre in un’intervista rilasciata alla Gazzetta, un piano d’azione che preveda di dividere gli atleti in tre gruppi a seconda dei Paesi in cui si dovrà gareggiare per limitare i viaggi. Una soluzione che per le squadre comporterebbe un inevitabile aggravio dei costi.

PROBLEMATICA HOTEL E CAMION CUCINA

Particolarmente delicato anche il tema degli alberghi e della cucina. Durante la fase di convivenza con il virus dovranno con tutta probabilità essere cancellate alcune abitudini consolidate come quella del buffet in albergo. “Non sarà più possibile – dice il dottor Daniele -. E poi, consentiranno ancora l’accesso degli chef dei team alla cucina oppure no? A quel punto, servirà per tutti il camion cucina. E in squadra stiamo ragionando su due o tre motorhome, per evitare la promiscuità, invece che sugli alberghi per dormire. Quella degli hotel sarà una problematica seria. Ci saranno delle nuove direttive e capiremo il cosa e il come”, precisa il dottore della Trek-Segafredo sulle pagine della Rosea.

CHE FARE IN CASO DI POSITIVITÀ?

Nel documento Uci – scrive ancora La Gazzetta dello Sport, a una domanda chiave – in caso di positività al Coronavirus riscontrata durante una corsa che si fa? – non si risponde, perché delle gare ancora non si parla. Si dovrebbero isolare e quindi fermare anche tutti quelli che sono stati in contatto con l’atleta o con il componente dello staff?
Su questo non c’è stata unanimità tra i medici, perché alcuni erano del parere che si dovesse procedere allo stop alla competizione.
“Il rischio zero – chiosa però Guardascione – è impossibile. Ciò non significa che non si debba provare a ripartire”.