CESENATICO (FC) – Sono passati 26 anni da quelle prime incredibili imprese a Merano e ad Aprica, oltre 16 anni dalla sua morte, ma il mito di Marco Pantani non si è mai glissato nel cuore degli appassionati di ciclismo. Oggi 4 giugno e domani 5 giugno cade l’anniversario di due giornate storiche per la carriera del Pirata che sancirono la nascita del mito di Pantani.

Nell’agosto del 1992, tenendo fede a un vecchio accordo informale preso con i dirigenti della Carrera Jeans, Marco Pantani passò al professionismo con la squadra diretta da Davide Boifava e capitanata da Claudio Chiappucci, detto “el Diablo”. Nel 1993 partecipò, al primo Giro d’Italia per professionisti, ritirandosi precauzionalmente a poche tappe dalla conclusione a causa di una tendinite mentre era diciottesimo in classifica.

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Nel 1994, trovo l’esplosione e in quelle giornate al Giro iniziò tutto. Arrivò al Giro d’Italia dopo aver affinato la preparazione al Giro del Trentino. Deciso a consacrarsi sulle montagne della Corsa Rosa, provò ad attaccare in più occasioni in salita, ottenendo la sua prima vittoria tra i professionisti il 4 giugno, in occasione della tappa dolomitica Lienz-Merano; scattato in prossimità della vetta, si assicurò il successo con una discesa spericolata in picchiata verso la cittadina altoatesina, imitando una posizione esasperata assunta qualche anno prima ai Campionati del mondo di Chambery dall’atleta russo Dmitrij Konyšev.

Tornò all’attacco all’indomani, nella successiva frazione Merano-Aprica, che prevedeva l’ascesa ai passi dello Stelvio, del Mortirolo e di Santa Cristina. In quest’occasione, attaccò sulla seconda salita di giornata, staccando Miguel Indurain e anche la maglia rosa Evgenij Berzin; rientrato sul gruppo di fuggitivi di giornata (tra cui figurava anche il capitano della Carrera Jeans, Claudio Chiappucci), attaccò nuovamente, per poi rallentare e attendere qualche corridore, in vista di un lungo tratto in pianura che lo separava dall’ultima ascesa. Fu proprio sul terzo passo di giornata che riattaccò, staccando ancora il rientrante Indurain (che andò definitivamente in crisi); al traguardo fu primo, con oltre due minuti e cinquanta secondi sul suo capitano di squadra Chiappucci e tre minuti e trenta sul campione spagnolo.

Il grande vantaggio accumulato su Indurain gli permise di scalzarlo dal secondo posto in classifica e arrivare a un minuto dalla maglia rosa. Nonostante ciò, soffrì oltremodo nella successiva gara a cronometro, perdendo terreno da Berzin, ma restando secondo in classifica generale davanti a Indurain. Fu inoltre secondo nella classifica giovani (dietro allo stesso Berzin) e terzo in quella dedicata agli scalatori. Ma soprattutto era entrato nel cuore degli sportivi. Fu l’inizio del mito di Marco Pantani, l’ultimo grande campione prima del ciclismo moderno.