Domenica ho fatto l’impresa. Quando l’ho detto ai miei amici mi hanno guardato sbigottiti. Eppure è vero.
Dal 27 aprile a oggi ho percorso poco più di duecento chilometri in bicicletta. Ciononostante ho deciso di partecipare alla corsa per amatori Predore-Parzanica, una scalata piuttosto impegnativa sopra il lago di Iseo, sotto il sole della fine di agosto.
Altre volte i miei amici del Team Pesenti mi avevano invitato, ma arrivavo a fine agosto poco allenato e allora declinavo l’invito. Domenica scorsa non ero per nulla allenato. Ma ho deciso di partecipare. Mi ha accompagnato mio figlio, ex dilettante. Mi sono schierato alla partenza nel gruppo, eravamo in centoventi, ho risposto all’appello, è stato emozionante sentire le voci dell’altoparlante, pedalare in gruppo, attento alla mezza ruota, agli improvvisi rallentamenti, ai mangiaerba che ti superano sul bordo della strada facendoti il pelo.
E’ stato bello. Ma affrontare una salita del genere a chilometri zero è un impegno improbo per chiunque. Così dopo quei sei chilometri di “riscaldamento” da Predore ecco che comincia la rampa, sotto un bel cielo limpido e un sole caldo. Dentro di me dicevo che l’obiettivo non era la classifica, era arrivare in cima, e senza stare troppo male. Sapevo che sarei arrivato ultimo.
Invece no.
Sono arrivato penultimo.
Ma sono arrivato. E negli ultimi due chilometri davvero ho fatto appello alla forza di volontà perché quel 39 per 27 che trascinavo mi sembrava una catena da lavori forzati, impossibile da portare.
Ma sono arrivato. E allora ho pensato subito che quel penultimo posto era un’impresa. Fosse stato l’ultimo posto sarebbe stato uguale.
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L’impresa è partecipare e mettercela tutta. L’ho pensato tante volte. Poi arrivi primo o arrivi ultimo non importa. Dai tutto quello che puoi, sei il meglio di te stesso.
Mi sono chiesto perché io abbia voluto partecipare. L’ho fatto per gratitudine verso gli amici Antonio e Luca Pesenti, ciclisti eccellenti, persone che stimo, come stimavo il loro papà Guglielmo. L’ho fatto perché a volte è bene evitare troppi calcoli, troppe attenzioni, esigenze, desideri di ottenere da se stessi prestazioni “efficienti”, “importanti”. Lasciarsi andare. Tentare. Dire: ma sì, vado a correre perché è bello. Punto. Nessun desiderio di prestazione, nessuna paura di figuracce, con rispetto del proprio organismo, cioè che la fatica non diventi rischio per la salute.
Sono andato, ho sofferto come un cane, e sono stato felice come una pasqua.
Al ritorno, pedalando sul lago, ho pensato a quanto è bella la vita.