KIGALI (RUANDA) – Non c’è storia nemmeno a Kigali. Tadej Pogačar si conferma campione del mondo per il secondo anno consecutivo, conquistando la maglia iridata al termine di un numero dei suoi: un attacco da lontano e una cavalcata solitaria che ha lasciato tutti gli avversari senza possibilità di replica.

L’attacco sul Mont Kigali

La corsa si è animata presto, con una fuga di sette corridori che ha provato a guadagnare terreno, mentre dietro le grandi nazionali muovevano le pedine. La Francia ha perso subito Julian Alaphilippe, costretto al ritiro dopo una notte difficile, e anche la Spagna ha dovuto salutare Marc Soler a causa di una caduta.

Il momento chiave è arrivato sul Mont Kigali, quando la Slovenia ha preso in mano le operazioni. A 104 km dal traguardo, Pogačar ha lanciato la sua progressione devastante, trovando inizialmente la compagnia di Juan Ayuso e Isaac Del Toro. Dopo qualche chilometro, però, lo sloveno è rimasto solo: a 66 km dall’arrivo ha salutato anche il messicano, dando il via all’ennesimo show in solitaria.

Evenepoel ci prova, Healy sorprende

Dietro, Remco Evenepoel ha dovuto lottare con un problema meccanico proprio nel momento caldo della corsa, perdendo terreno e lasciandosi prendere dal nervosismo. Una volta risolto, il belga ha reagito con decisione, attaccando a quattro giri dal termine e staccando compagni di fuga come Hindley e Pidcock. Nel finale ha provato a inseguire da solo, ma il distacco da Pogačar non si è mai ridotto in maniera significativa.

Remco ha così chiuso al secondo posto, mentre la lotta per il bronzo ha premiato l’irlandese Ben Healy, capace di staccare Mattias Skjelmose negli ultimi chilometri.

Un dominio che continua

Con questo trionfo, Pogačar arricchisce un palmarès già impressionante e si garantisce il diritto di indossare la maglia arcobaleno per un altro anno. A Kigali lo sloveno ha dimostrato ancora una volta di saper vincere con il suo stile unico: attacco da lontano, resistenza e superiorità tecnica e mentale. Nessuno, oggi, è sembrato in grado di mettere davvero in discussione la sua supremazia.

Italia in evidenza con Ciccone

Buona prestazione per Giulio Ciccone, che si è difeso nelle fasi decisive e ha chiuso con un brillante sesto posto, confermandosi tra i migliori nelle gare dure e selettive.

Si è chiuso il Mondiale su Strada Ruanda 2025 con un bottino di tre medaglie per l’Italia: l’oro di Lorenzo Mark Finn tra gli U23, l’argento di Chantal Pegolo tra le juniores e il bronzo di Federica Venturelli nella cronometro U23. Fanno parte del bilancio positivo, anche se non contribuiscono ad un medagliere che ci vede al settimo posto, i quarti posto di Finn nella cronometro, del Mixed Team Relay e di Eleonora Ciabocco nella prova in linea U23. Merita di essere ricordato anche il sesto posto di Giulio Ciccone, in una prova élite durissima per altimetria e condizioni climatiche, resa ancora più impegnativa dal duello stellare tra Pogacar ed Evenepoel.

Il presidente della FCI Cordiano Dagnoni stila un bilancio complessivo della giornata e di tutta la settimana: “Chiudiamo questo Mondiale con il sesto posto di Giulio Ciccone, che ha fatto il massimo in una corsa durissima. Del resto a cento chilometri dall’arrivo, Pogacar ha fatto esplodere la corsa, e da lì in poi è stata una lotta tra fenomeni. Per noi un risultato decoroso. Il bilancio azzurro è positivo, torniamo a casa con un oro, tre medaglie e una serie di quarti posti dolorosi. Siamo partiti con il bronzo della Venturelli, che ha messo a frutto le sue doti di atleta polivalente. Bello l’argento della Pegolo, e poi la perla di Finn che ha reso felici tutti gli italiani”.

Giulio Ciccone: “Oggi ho perso 15 anni di vita in sole 6 ore: una delle giornate in bici più dure di sempre, una sofferenza atroce. Il feeling di tutti era estremo: abbiamo faticato moltissimo, forse anche a causa del clima… è stata una gara al limite delle forze. Come previsto, il punto chiave è stato sulla salita fuori dal circuito. Lì sono riuscito a gestirmi bene: sapevo che non dovevo seguire gli attacchi, ma correre di rimessa. Il muro l’ho passato bene e le sensazioni erano positive, ma in una gara così basta un attimo per spegnersi. Abbiamo dato il massimo. Quando Remco ha attaccato, ho sbagliato a seguirlo: stare a ruota con lui in pianura era peggio che andare in salita. Un errore che ho pagato. Bisogna essere realisti: abbiamo dato tutto quello che potevamo dare. Forse una top 5 avrebbe avuto un sapore diverso, ma non ho rimpianti: sono soddisfatto della mia prestazione e del lavoro della squadra. Siamo un bel gruppo e in gara siamo stati vicini: voglio ringraziare tutti i miei compagni per questo”.

La parola finale al CT Marco Villa, alla suo esordio alla guida della Nazionale ad un mondiale: “Siamo soddisfatti del risultato, perché siamo stati lì con i primi in una gara durissima. Ho sempre detto che oggi serviva condizione, e la dimostrazione è che alcuni favoriti sono crollati nel finale. Bravo Giulio a resistere fino alla fine. In gare come questa, anche la minima differenza viene esasperata, e oggi Remco ne ha pagato le conseguenze. Se Remco ha perso 2 minuti e Ciccone ha chiuso sesto, significa che il risultato vale davvero. Ho visto bene Giulio: forse c’è stata una situazione sfavorevole, perché appena raggiunto Remco ho notato che non c’era collaborazione e tutti erano stanchi. Peccato, perché altrimenti avremmo potuto recuperare su di lui. Tutti i big ci hanno confermato che Pogacar ha un altro ritmo e forse conviene non seguirlo. È fortissimo, e i distacchi parlano chiaro”.

ORDINE D’ARRIVO: 

1 Tadej Pogačar (Slovenia) 6:21:20
2 Remco Evenepoel (Belgio) +1:28
3 Ben Healy (Irlanda) +2:16
4 Mattias Skjelmose (Danimarca) +2:53
5 Toms Skujiņš (Lettonia) +6:41
6 Giulio Ciccone (Italia) +6:47
7 Isaac del Toro (Messico) s.t.
8 Juan Ayuso (Spagna) s.t.
9 Afonso Eulálio (Portogallo) +7:06
10 Thomas Pidcock (Gran Bretagna) +9:05