BOTTANUCO (BG) – Non si nasconde Marta Cavalli, da sempre uno dei simboli della Valcar – Travel & Service, squadra che l’ha cresciuta sin da quando era tredicenne e con la quale ha condiviso gioie e dolori: dalle splendide vittorie in ambito giovanile da allieva (Coppa Rosa) all’infortunio in pista rimediato da junior alla magica conquista del tricolore del 2018 quando si è definitivamente consacrata tra le élite.
Seria, professionale e determinata Marta non ha mai mollato un centimetro nemmeno durante il lockdown ed è pronta a ripartire.

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Marta, finalmente si riparte. L’anno scorso hai conteso fino all’ultimo a Lorena Wiebes la maglia UCI di miglior giovane del circuito. Quest’anno così particolare come lo imposterai?

“Debutto il 23 e il 26 in Spagna, poi correrò in Italia le Strade Bianche. In agosto correrò in pista a Fiorenzuola, quindi salirò a Livigno per prepararmi al Giro Rosa”.

Il Giro Rosa… una competizione alla quale purtroppo non hai partecipato recentemente per via delle concomitanze con le gare in maglia azzurra della nazionale italiana. Con quali aspettative correrai la più lunga corsa a tappe del circuito femminile?

“L’obiettivo è quello di lottare per la maglia bianca di miglior giovane. D’accordo con il mio allenatore Davide Arzeni abbiamo pensato che il Giro Rosa potesse essere un mio obiettivo stagionale perchè abbiamo notato che di solito la mia condizione cresce con il trascorrere delle tappe. Lo scorso anno fu così all’OVO Women Energy Tour in Gran Bretagna, mi auguro possa essere così anche al Giro Rosa”.

Marta, tu hai vissuto la tua intera vita ciclistica in Valcar – Travel & Service: forse nessuno meglio di te potrebbe dare un’opinione sul gruppo che sta nascendo. Come vedi il tuo team?

“Con le ragazze si sta molto bene, perché sono tutte ragazze in gamba che amano pedalare e fare fatica. Ormai con molte di loro corro da parecchi anni e c’è un buon affiatamento. Anche le ‘New Entry’ si sono adattate subito: con Silvia Magri abbiamo chiacchierato a lungo quest’inverno, mentre tutte quante noi abbiamo incominciato a parlare inglese per fare sentire a casa Teniel Campbell. Ognuna di noi ha fatto del nostro meglio per farla stare bene e la sua presenza accresce il valore del team. Siamo uscite dalla nostra comfort zone: con la sua presenza abbiamo iniziato ad acquisire un livello internazionale e questo è ottimo per la crescita della nostra squadra”.




Insomma, non vedi l’ora di tornare a correre…

“Sì, quest’anno c’è tanto ‘carattere’ in squadra e la vera coesione tra noi nascerà con l’inizio delle gare”.

A proposito, come giudichi il calendario di questo ‘strano’ 2020?

“L’UCI ha fatto un buon lavoro. Agosto sarà il mese dell’incertezza perché vedremo come verranno applicati i vari protocolli di sicurezza. Poi nei mesi di settembre, ottobre e novembre non ci sarà un momento libero. Non ci sarà più spazio per tornare a casa ed allenarsi per cui il prepararsi bene adesso diventa fondamentale”.

Come valuti la condizione generale del ciclismo femminile?

“Stiamo crescendo. Arriveremo al livello del ciclismo maschile, senza dubbio. Certo, non forse nel brevissimo periodo. Ma la direzione è quella giusta. Correre le stesse gare degli uomini aiuta molto e poi, sai una cosa? Quando i tifosi imparano a conoscerci, si innamorano del ciclismo femminile. Perché l’andamento delle nostre gare è meno lineare che quello degli uomini, è più spettacolare, con scatti, colpi di scena. Si attacca dal primo chilometro e questo piace al grande pubblico. È ‘il gatto che si morde la coda’, è un ciclo virtuoso: più visibilità significa più sponsor. Ora gli sponsor hanno capito che con relativamente poco hanno grande ritorno. Con più budget fai più qualità. Quando aumenti l’asticella della qualità, aumenta il valore del movimento e si attraggono più sponsor”.