Il Giro d’Italia in questo maggio non c’è. E allora ance noi riprendiamo con piacere e proponiamo a tutti nostri lettori l’iniziativa SenzaGiro. Una squadra di scrittori e di illustratori ogni giorno racconterà lo svolgimento della corsa rosa mettendo in campo fantasia e passione per il ciclismo. Le storie di “un Giro che non c’è”, ugualmente appassionante e con un fine benefico.

È UN’INIZIATIVA BENEFICA, DONA SUBITO

Vieste, 17 maggio 2020
dal nostro inviato Marco Ballestracci
illustrazione di Marija Markovic

9a tappa: Giovinazzo-Vieste

Giovinazzo è un posto che m’ha sempre incuriosito, dai tempi delle “Domeniche Sportive” condotte, guardacaso, da Adriano De Zan in cui si leggevano i risultati delle partite di hockey su pista. Conoscevo tutte le città del campionato, tranne Giovinazzo, che proprio non avevo idea dove si trovasse.

Così può accadere che una tappa del Giro d’Italia serva anche a rispondere a vecchi quesiti e a prendere atto che non aver mai visto Giovinazzo è una bella fregatura, perché è davvero tanta roba. D’altro canto, magari qualcuno se l’è dimenticato, siamo in Puglia e, dopo Giovinazzo, il gruppo passerà da Trani, Margherita di Savoia, sfiorerà Canne e, soprattutto, soggiacerà allo spirito che qui aleggia su ogni cosa da sette secoli e mezzo: quello di Federico II.

Perciò, fatto un giro la mattina presto in piazza Vittorio Emanuele dove i corridori partiranno, ho salutato la carovana e girato la macchina verso Ruvo di Puglia – anche questo un posto che è meglio prima o poi visitare – e sono salito a Castel del Monte, perché non si può essere ospiti qui senza rendere omaggio all’imperatore.

Comunque non è che mi sia disinteressato della corsa anche perché immaginavo come si sarebbe sviluppata la tappa. Già prima di Trani sarebbe partito il primo tentativo di fuga, che il gruppo avrebbe lasciato andare, almeno fino a Manfredonia, forse anche dopo se Dario Cataldo, Giulio Ciccone e Giovanni Visconti non avessero scosso il plotone per prendere più punti possibile sopra Monte Sant’Angelo.

Dopo Coppa Santa Tecla le radioline avrebbero cominciato a imperversare e i ranghi si sarebbero serrati, perché, nonostante gli ultimi chilometri siano “nervosi”, il gruppo avrebbe indossato l’abito dell’imperatore e svolto il proprio ineluttabile compito. Perciò io ho bighellonato finchè ho potuto e, bighellonando, ho cominciato a pensare che la Puglia sia davvero la più bella regione d’Italia, perché non s’è mai visto un Gran Premio della Montagna come Monte Sant’Angelo, meravigliosamente sopra il Gargano e scintillato dal Santuario di San Michele che l’Unesco ha pensato bene di tutelare.

Poi, finito il giro federiciano, sono andato in sala stampa e mi son seduto, come sempre, a fianco dei Bidon, perché abbiam gli stessi vizi e, insomma, ci compatiamo. Ho raccontato loro, prima di sapere qualsiasi notizia, come pensavo stesse andando la tappa e infatti alla Madonna dello Sterpeto, che è giusto prima di Barletta, se n’erano andati in quattro: Jaakko Hänninen della AGR La Mondiale, Davide Martinelli dell’Astana, Olivier Le Gac della FDJ e Marco Frapporti della Vini Zabù e, come giusto, il gruppo ha lasciato loro tutto lo spazio che desideravano.

Il plotone è stato così gentile da mettersi a far sul serio solo a Manfredonia, così che la fuga è passata intatta sul Monte Sant’Angelo e Jakko Hänninen, che deve essere uno di quei nordici che ha sempre desiderato crogiolarsi al sole del Sud Italia, ha superato per primo il Gran Premio della Montagna. Poi però si son messi davanti  al gruppo Consonni e Rossetto della Cofidis, staffettati da Adam Hansen che ha battuto il tempo e il distacco s’è assottigliato alla svelta. Prima di Coppa Santa Tecla son stati ripresi Hänninen e Le Gac, ma Frapporti, che non può cambiare la sua natura di eterno fuggitivo, deve aver convinto Davide Martinelli a seguirlo nella ribellione. Hanno tenuto per altri 10 km e a Vieste ci sono arrivati in fuga, ma appena passato il cartello di benvenuti in città Cesare Benedetti e Daniel Oss li hanno inglobati nel plotone, con Oss che ha fatto un segno col pollice a Frapporti, che ha risposto al saluto.

Così, a giochi fatti, ho chiesto ai Bidon: «Chi dite: Elia Viviani?».
«Mica così sicuro, c’è lo strappo di Via Saragat che può far succedere qualcosa».
«Lo strappo di via Saragat? Quelli lo fanno a 58 all’ora, non lo sentono nemmeno».

Infatti non è stato lo strappo a far la differenza, ma una strettoia a quattro chilometri dall’arrivo. C’è stato un rallentamento secco, che ha ingolfato la testa del gruppo e così son rimasti davanti in undici, tutti che stavano lavorando per un capitano finito nell’ingorgo, in cui nessuno s’è fortunatamente fatto male, ma che è stato inesorabilmente tagliato fuori.

Undici col santissimo via libera per giocarsela e pure sorpresi dalla benedizione, perché Marco Benfatto, Fabio Felline e Alex Howes si sono ingarbugliati nel gioco delle traiettorie e han perduto terreno. Così alla fin fine si son ritrovati in otto alla sparata finale in viale XXIV Maggio, quasi tutti senza nessun punto di riferimento se non loro stessi. Jan Tratnik, Lorenzo Rota, Ryan Gibbons, Cesare Benedetti, Andrea Vendrame. Gli altri tre erano Roger Kluge, Davide Cimolai, Krists Neilands, con gli ultimi due che corrono per la Israel Start Up Nation ed è bastata un’occhiata per decidere chi doveva sacrificarsi per chi.

Neilands ha rintuzzato ogni accelerata, ha portato ai 250 metri il compagno di squadra e poi s’è tolto di mezzo, ma la tirata è stata così forte che il lettone s’è piazzato terzo, mentre Cimolai, finalmente libero, ha lasciato una bicicletta indietro Kluge e ha vinto, a 31 anni, la sua prima tappa al Giro d’Italia.

Devo dir la verità che questo epilogo è stato una bacchettata sulle mani, perché m’ha dimostrato che quasi ogni cosa può essere annunciata – che la fuga di tappa sarebbe stata assorbita al momento giusto, che la maglia rosa non avrebbe cambiato schiena e che la Puglia è meravigliosa. Ma che, al Giro d’Italia, c’è sempre qualcosa di magicamente imprevedibile.


Classifiche

Ordine d’arrivo tappa 9

1 Davide Cimolai
2 Roger Kluge st
3 Ryan Gibbons st
4 Jan Tratnik st
5 Andrea Vendrame st
6 Lorenzo Rota st
7 Cesare Benedetti st
8 Krists Neilands st
9 Alex Howes st
10 Marco Benfatto st

Classifica Generale tappa 9

1 Vincenzo Nibali
2 Tom Dumoulin a 02″
3 Davide Formolo a 24”
4 Giulio Ciccone a 26”
5 Jakob Fuglsang a 36”
6 Miguel Ángel López a 45”
7 Tim Wellens a 51”
8 Wilco Kelderman a 53″
9 Richard Carapaz a 54”
10 Simon Yates a 01’05”
Rafał Majka a 01’11”
Romain Bardet a 01’12”
Chris Froome a 01’14”
Damiano Caruso a 01’18”
Remco Evenepoel a 01’31”
Tejay Van Garderen a 01’47”
Il’nur Zakarin a 01’54”

Maglie tappa 9

Maglia Rosa: Vincenzo Nibali
Maglia Ciclamino: Elia Viviani
Maglia Azzurra: Giulio Ciccone
Maglia Bianca: Remco Evenepoel

 

COSA È SENZAGIRO?

Un maggio senza Giro è qualcosa di impensabile per gli appassionati di ciclismo. Per questo motivo, in omaggio a una tradizione che dal 1909 accompagna la Corsa Rosa, abbiamo pensato di regalarci e di regalare a chi avrà la voglia, e la bontà, di seguirci le storie di “un Giro che non c’è”. Una iniziativa a sostegno della raccolta fondi per sostenere le attività di Namasté, associazione che opera sul territorio di Bergamo assistendo migliaia di persone fragili, in una terra particolarmente colpita dal nuovo Coronavirus.

Una squadra di scrittori e di illustratori ogni giorno racconterà lo svolgimento della corsa rosa mettendo in campo fantasia e passione per il ciclismo. Ciascuna tappa avrà un narratore e un illustratore diverso: l’invenzione della corsa e la classifica che ne deriveranno andranno a comporsi in un puzzle di sguardi differenti, in una visione d’insieme che è sport, geografia, paesaggio, storia e storie lungo le strade e la primavera del Giro.