Il Giro d’Italia in questo maggio non c’è. E allora ance noi riprendiamo con piacere e proponiamo a tutti nostri lettori l’iniziativa SenzaGiro. Una squadra di scrittori e di illustratori ogni giorno racconterà lo svolgimento della corsa rosa mettendo in campo fantasia e passione per il ciclismo. Le storie di “un Giro che non c’è”, ugualmente appassionante e con un fine benefico.

È UN’INIZIATIVA BENEFICA, DONA SUBITO

Budapest, 9 maggio 2020

dal nostro inviato Marco Pastonesi

illustrazione di Federico Tram Tramonte

1a tappa: Budapest-Budapest (cronometro individuale)

Ventitré centesimi di secondo. Niente. Eppure è la differenza che c’è tra ricordare e rimpiangere, celebrare e maledire, festeggiare e spiegare, entrare nella storia e uscire dalla geografia, insomma tra vincere e perdere. Perché sarà anche vero che nel ciclismo uno solo vince ma nessuno perde, ma è ancora più vero che quando si accarezza la vittoria per ventitré centesimi di secondo – diciamo la verità: neanche un battito di ciglia – quella la si vive come una sconfitta, perfino insopportabile.

Stavolta Vincenzo Nibali ha festeggiato e Tom Dumoulin ha spiegato. Gli 8 km e 600 m nel cuore di Pest e poi in quello di Buda sono stati elettrocardiaci, non nel senso dei watt dei motorini, ma in quello delle scariche di emozioni.

La cronometro è sempre un esame di maturità di quelli di una volta, quando si portavano tutti i programmi di tutte le materie di tutti i cinque anni fra ginnasio e liceo, compresi latino e, per il classico, anche greco. Roba da perdere il sonno prima e subirne gli incubi dopo. Organizzazione, preparazione, ricognizione, tensione, pressione. Meno cinque, quattro, tre, due, uno. Poi da soli con se stessi e contro se stessi, e anche contro tutti gli altri. E in quell’apnea ipnotica non si vede la partenza da piazza degli Eroi, non si ammira il passaggio sul ponte delle Catene, non si sfiorano i bagni Széchenyi, non si scopre il distretto del Castello, non si ricorda se 102 edizioni fa il pronti-via fu dato alle 2.53 di notte (o di mattino: quella è un’ora di nessuno) per una tappa di 397 chilometri e la vittoria sorrise a un corridore romano (Dario Beni) che quattro giorni prima era a Roma e si recò alla partenza a Milano in bici, tra Cassia ed Emilia, scaldando – diciamo così – la gamba. Più che altro: in una cronometro così non si pensa. Perché i pensieri frenano.

Nibali, dunque. Forse non lo avrebbe detto neppure lui. Asciutto, tirato, rodato. Occhi neri e profondi, profonde anche le rughe come solchi, e la barba di un giorno. Un corsaro saraceno. A trentacinque anni e mezzo, sa che ogni lasciata è persa, sa che non può fare prigionieri, sa che o la va o la va, perché qualche spacca l’ha già collezionato. Ha stupito la sua partenza non da uomo finale, capitano, della sua squadra, ma a metà dei 176, comprimario, che scattavano ai piedi del monumento del Millenario. È stata la sua fortuna, di più, la sua felicità: solo così è riuscito ad anticipare quelle quattro gocce di pioggia, poche ma cariche, poche ma gonfie, poche ma fatali, che hanno alleggerito le pedalate dei suoi concorrenti.

«Me ne aveva parlato Mimmo – ha rivelato Vincenzo, e Mimmo è il suo vecchio luogotenente, e da sempre amico, Domenico Pozzovivo -. Sapete com’è lui, un fanatico della meteorologia. Quando gli ho chiesto le previsioni, mi ha consigliato di partire prima degli altri per evitare un probabile rovescio». Infatti: Nibali ha corso sull’asciutto, che equivale a un diritto. E se a Budapest lo Squalo – si è squali anche a secco – ha incassato, altrove aveva dovuto lasciare: a Firenze, ai Mondiali del 2013, e a Rio, alle Olimpiadi del 2016, scivolando sull’asfalto e scomparendo dalla storia. Conoscendoli, Nibali e Dumoulin sapranno «confrontarsi – per dirla con Kipling – con Trionfo e Rovina e trattare allo stesso modo questi due impostori». E a proposito di Pozzovivo. Oltre alla profezia sul tempo (meteo), ha azzeccato anche la profezia sul suo tempo (crono): tre secondi a chilometro totale venticinque, e 30° posto.

Primo anche lui, ma cominciando dal fondo della classifica, un altro italiano: Mirco Maestri. Lo chiamano Paperino, perché – parole sue – «da giovane ero un po’ sfigatello». Lo è stato anche stavolta, che di anni ne ha più di ventotto. Causa sorteggio, ha corso senza ammiraglia, ma assistito solo da un cambio ruota. Quando ha forato, la prima ruota tirata giù non era quella giusta, il guaio è che non lo era neanche la seconda, lì Mirco deve aver pensato che il dio del ciclismo fosse andato a prendersi un caffè, meno male che la terza ruota si adattava bene, meno bene il tempo finale, un minuto e mezzo da Nibali. Amen. Lui non ci tiene né alla maglia (virtuosa) rosa né a quella (virtuale) nera, ma a quella arancione di primo nella classifica delle fughe. Un anno fa collezionò 650 chilometri all’aria, al vento, davanti, davanti a tutti. «Voglio entrare, se non nell’albo d’oro, almeno in quello dei ricordi». Viva le fughe, verrebbe da sottoscrivere e sovrapporre, anche se gli è capitato di arrivare in fondo – paradossale: le fughe che arrivano in fondo sono quelle che classificano in testa – due volte, nel 2018 a Rodi e nel 2019 in Cina. Come non eleggere Maestri, di cognome e di fatto, tra i preferiti?

I ventitré centesimi di vantaggio di Nibali (anche i novanta secondi di ritardo di Maestri) sono tutto in un giorno che può valere addirittura una vita, ma sono niente in tre settimane con 45.000 m di dislivello e, il penultimo giorno, arrampicandosi su quattro guglie di una cattedrale gotica del ciclismo tra Francia e Italia. I più accreditati sono addebitati di pochi secondi, sgranati ma attaccati come in un rosario. Intanto, seconda tappa: via dai favoriti, largo ai velocisti.

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Le Classifiche di tappa

Tappa 1

Posizione Corridore Tempo
1 Vincenzo Nibali
2 Tom Dumoulin st
3 Victor Campenaerts +02”
4 Søren Kragh Andersen +05”
5 Remco Evenepoel +06”
6 Thomas De Gendt +11”
7 Rohan Dennis +11”
8 Wilco Kelderman +13”
9 Alex Dowsett +15”
10 Chris Froome +16”

Generale

1 Vincenzo Nibali
2 Tom Dumoulin st
3 Victor Campenaerts 02″
4 Søren Kragh Andersen 05″
5 Remco Evenepoel 06″
6 Thomas De Gendt 11″
7 Rohan Dennis 11″
8 Wilco Kelderman 13″
9 Alex Dowsett 15″
10 Chris Froome 16″
Simon Yates 21″
Damiano Caruso 25″
Richard Carapaz 28″
Davide Formolo 29″
Giulio Ciccone 33″
Jakob Fuglsang 36″
Tejay Van Garderen 37″
Romain Bardet 38″
Il’nur Zakarin 44″
Miguel Ángel López 51″

Altre classifiche

Maglia Ciclamino Vincenzo Nibali
Maglia Azzurra Tom Dumoulin
Maglia Bianca Remco Evenepoel

 

COSA È SENZAGIRO?

Un maggio senza Giro è qualcosa di impensabile per gli appassionati di ciclismo. Per questo motivo, in omaggio a una tradizione che dal 1909 accompagna la Corsa Rosa, abbiamo pensato di regalarci e di regalare a chi avrà la voglia, e la bontà, di seguirci le storie di “un Giro che non c’è”. Una iniziativa a sostegno della raccolta fondi per sostenere le attività di Namasté, associazione che opera sul territorio di Bergamo assistendo migliaia di persone fragili, in una terra particolarmente colpita dal nuovo Coronavirus.

Una squadra di scrittori e di illustratori ogni giorno racconterà lo svolgimento della corsa rosa mettendo in campo fantasia e passione per il ciclismo. Ciascuna tappa avrà un narratore e un illustratore diverso: l’invenzione della corsa e la classifica che ne deriveranno andranno a comporsi in un puzzle di sguardi differenti, in una visione d’insieme che è sport, geografia, paesaggio, storia e storie lungo le strade e la primavera del Giro.

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