BERGAMO (BG) – La scorsa settimana, in occasione dell’inaugurazione della nuova sede di Trek Italia a Bergamo, abbiamo incontrato due grandi campioni del ciclismo come Alberto Contador ed Ivan Basso. Entrambi sono impegnati oggi con il progetto Kometa Cycling Team, una squadra Continental, con sotto anche il vivaio Under 23 e Juniores, volto alla crescita dei giovani ciclisti e legato alla Fundación Alberto Contador e alla Trek-Segafredo. Negli ultimi anni anche diversi giovani corridori italiani hanno scelto e stanno scegliendo la Spagna come punto di approdo al mondo del grande ciclismo.

Con loro abbiamo voluto approfondire un po’ il tema dei giovani e del ciclismo. In questa stagione 2019 abbiamo vissuto una sorta di “rivoluzione”. Abbiamo visto Egan Bernal, 22 anni, vincere il Tour de France, Richard Carapaz, 25 anni, vincere il Giro d’Italia, Mads Pedersen, 23 anni, vincere il Mondiale, e tanti altri giovani dimostrarsi competitivi ad alti livelli.

Ci siamo fatti una domanda: è forse cambiato qualcosa nella testa e nella preparazione dei giovani rispetto al passato?

Ci risponde Alberto Contador: “Penso che sia una cosa molto semplice. Oggi tutti hanno il potenziometro sulla bicicletta e con questo tu sai quanti watt per chilo può sprigionare un corridore anche giovane. Questo è un dato oggettivo. Nel passato, quando un corridore arrivava al passaggio da Juniores ad Under 23 e poi al professionismo, ci impiegava due o tre anni per imparare a conoscere per davvero il proprio fisico, ora quando arrivano questi giovani nel mondo del professionismo hanno una maggiore consapevolezza del proprio fisico e delle proprie potenzialità e questo aumenta le loro possibilità di poter lottare subito per la vittoria. È matematica, è un dato oggettivo, esatto. È scienza”.

È indubbio, però, che da parte delle squadre oggi ci sia una maggiore attenzione e anche la volontà di lasciare un maggiore spazio ai giovani…

Questo il pensiero di Ivan Basso: “Secondo me, ci sono due aspetti che vanno tenuti in considerazione nella gestione di una squadra: la gestione dei giovani di 19-20-21 anni che vanno valorizzati, penso nel nostro caso, ad esempio, ad un corridore come Alessandro Fancellu; e poi c’è il ‘recalling’ anche per corridori di 22-23-24 anni che non si sono ancora espressi a pieno, che non sono assolutamente vecchi, e bisogna fare in modo che questi talenti non si perdano. Per la prossima stagione, ad esempio, ho preso un corridore come Giacomo Garavaglia che negli ultimi quattro anni non ha fatto risultati eccellenti, ma per me ha del talento nascosto che io voglio provare a tirare fuori. Questo che accade nel ciclismo è un po’ come quello che accade nel mondo del lavoro in generale. Si parla tanto di giovani, ma spesso ci sono persone di 30-40 anni che non hanno le condizioni per esprimere al meglio il loro potenziale. In una squadra di giovani vanno valorizzati sì i giovanissimi, ma bisogna pensare anche a quelli meno giovani, perché magari chi l’ha diretti prima non è stato capace di valorizzarli e quindi il mio lavoro è anche quello di trovare il talento nascosto”.

(Servizio a cura di Giorgio Torre)