VERONA (VR) – Edoardo Zardini (Wilier Triestina Selle Italia) ha concluso la stagione alla Japan Cup, “corsa dura con tremila metri di dislivello in 140 km, seguita da un grande pubblico, entusiasta e appassionato”. Non ha vinto, “ma rispetto al 2017 è stata una stagione ben diversa, nettamente migliore perché, per lo meno, ho corso molto” (foto Photobicicailotto).

L’intoppo, purtroppo, è arrivato nella “corsa alla quale tenevo di più, il Giro d’Italia, con una caduta e conseguente frattura della clavicola nella tappa dell’Etna”. Edo era stato capace, nonostante il forte dolore, di concludere la tappa, ma l’indomani era salito sull’aereo per il rientro, sottoporsi a operazione e cominciare la fase di rieducazione, recupero e ritrovare una buona condizione. “Quell’intoppo proprio non ci voleva – osserva l’atleta di Marano di Valpolicella, due vittorie in carriera tra i prof -, altrimenti sarebbe stata tutta un’altra stagione, ma, nonostante tutto, considero positivo il bilancio. È stata una stagione normale e qualche piazzamento l’ho fatto”.

Zardini non nasconde che “si sa che dovrei andare più forte per essere maggiormente competitivo, ma so di aver dato il massimo, di aver fatto il possibile per emergere”. “Nell’ultima parte dell’anno – fa presente – sono andato spesso in fuga nelle corse italiane e la squadra, dove mi sono trovato benissimo, ha apprezzato”. Tanto che, dopo aver firmato con la Wilier solo per il 2018, “ho allungato il contratto a tutto il 2019”. Più in là, Edo non vuole spingersi “perché preferisco non legarmi a lungo”.

Il ragionamento è: se andassi bene tanto da meritare una squadra World Tour, sarebbe difficile uscire dal contratto. A Zardini, insomma, va bene così. Osserva: “È indubbio che vada meno di qualche anno fa, ma ce la metto tutta, anche più di prima, negli allenamenti e nella vita di faccio. La realtà è che fare risultati è sempre più difficile. Va detto che alla Tirreno-Adriatico, andavo proprio bene, certamente non piano ed ho concluso vicino ai primi venti. Al Giro d’Italia, avevo cominciato bene e sono sicuro che qualcosa di buono avrei combinato, ma è inutile rimuginare. Al rientro dopo l’infortunio, sono andato forte in Repubblica Ceca e a quel punto, a mio avviso, sarebbe stato molto importante correre la Vuelta a Burgos e il Tour du Limousine, ma in squadra era previsto un altro programma. In quelle due corse, sono convinto che avrei potuto raccogliere i frutti”.

Zardini puntava a fare bene le corse italiane di fine stagione “dove – ammette – andavo, ma non in modo esagerato”. “Bisogna dire – fa presente – che il livello di qualità era veramente alto. C’erano almeno 20-25 corridori nettamente superiori e l’unica possibilità di mettersi in evidenza era centrare qualche fuga. L’ho fatto ed ho sempre concluso bene quelle corse. Ero ero contento quando ho concluso al 30° posto il Giro dell’Emilia a due minuti dal vincitore: uno potrebbe dire, solo 30°? Posso rispondere che quando nella stessa corsa arrivavo terzo o quarto, non c’era tutta la qualità di quest’anno. Nel ciclismo di oggi, per entrare nei primi cinque, bisogna… volare”.

Edo Zardini affronterà nel 2019, l’anno dei suoi 30 anni (2 novembre), la sua settima stagione tra i professionisti con una speranza nel cuore. “Mi piacerebbe – riferisce – concludere il Giro d’Italia. L’anno prossimo, poi, la corsa rosa finirà proprio a Verona e sarà un motivo in più per fare il massimo per esserci e ben figurare. Quest’anno, avrei potuto giocare le mie carte, ma l’avventura è durata troppo poco, solo sei tappe”.  

(Servizio a cura di Renzo Puliero)