Comincia oggi sul nostro sito BICITV.it una nuova rubrica curata dall’Avvocato Giorgio Rossi dal titolo “Lo Sport e la Legge: l’Avvocato risponde” pensata per trattare vari argomenti e magari rispondere anche a qualche curiosità o domanda di qualcuno dei nostri lettori. 

A cura di Giorgio Rossi (*)

Il fatto.

Una donna ubriaca, che peraltro aveva assunto anche della droga, attraversa una strada statale e viene investita da un’autovettura. Nonostante tutto ciò, il conducente dell’autovettura viene condannato. Si è pronunciata così la Corte di Cassazione, Sez. IV Penale, con la sentenza n. 18091/2017, depositata il 10 aprile 2017.

La donna in condizioni psico-fisiche davvero molto precarie, sotto gli effetti di alcool e droga, attraversa la strada in modo azzardato, senza minimamente curarsi di alcuna norma di sicurezza, e viene investita da un’autovettura.

I Giudici della Suprema Corte, pur affermando che nella fattispecie in esame ci si trovasse in una situazione di condotta “pericolosa, anomala e autolesionistica”, da parte del pedone, hanno, comunque, statuito che ciò non è sufficiente a escludere la responsabilità dell’automobilista, il quale, pertanto, è stato condannato per il reato di “lesioni personali colpose”.

Le ragioni che hanno portato alla condanna dell’automobilista.

Il fatto era, dunque, molto chiaro e non vi era alcuna incertezza in merito all’accaduto. Altrettanto imperdonabile ed addirittura assurdo il comportamento del pedone. Ebbene, per i Giudice della Cassazione, nonostante l’evidente ed assurda imprudenza compiuta dal pedone, che, sotto gli effetti di «alcool e sostanze stupefacenti», «ha attraversato una strada statale, di lunga percorrenza, in un tratto non illuminato, alle 2.30 di notte», piazzandosi «lungo la linea di mezzeria in attesa di percorrere la carreggiata», e, per giunta, «indossando abiti scuri», hanno optato per la condanna dell’automobilista.

Il difensore dell’automobilista imputato aveva sostenuto che nel caso di specie si dovesse escludere la responsabilità del conducente del veicolo per più ragioni, tra cui due circostanze dovevano essere prese in considerazione e valorizzate: la prima, era costituita dal “comportamento imprevedibile e imponderabile» della donna; la seconda, poiché il conducente aveva utilizzato tutto il proprio buon senso mentre era alla guida del proprio veicolo, in quanto «viaggiava ad una velocità di gran lunga inferiore al limite di 70 chilometri orari» e, perciò, che «non aveva alcuna possibilità di evitare l’impatto, trovandosi nell’oggettiva impossibilità di avvistare il pedone o comunque di percepirne tempestivamente i movimenti».

La Suprema Corte di Cassazione, nonostante gli elementi addotti dalla difesa dell’automobilista imputato ha ritenuto che le dette obiezioni, però, non fossero sufficienti, ad escludere la responsabilità dello stesso imputato e ad evitare la sua condanna.

Il principio di diritto seguito dalla Corte di Cassazione.

Il principio che ha condotto i Giudici della Suprema Corte, con ciò confermando la sentenza della Corte d’Appello, che aveva condannato l’automobilista, va ricercato, in buona sostanza nel fatto che l’uomo alla guida della propria autovettura «non regolò la velocità della vettura in misura tale da poter eseguire utilmente una frenata», e, soprattutto, «si avvicinò pericolosamente alla linea di mezzeria, tanto da urtare la donna con la parte sinistra della vettura, imprimendole una forte spinta e facendola volare sull’altra corsia».

In conclusione, l’automobilista deve viaggiare ad una velocità tale da poter frenare e che sia altresì tale da evitare qualsiasi situazione di pericolo.

Il pedone, nonostante le sue precarie condizioni e il suo assurdo ed azzardato comportamento, ha ragione: e così l’automobilista è stato ritenuto colpevole e condannato in via definitiva.

Lo stesso principio di diritto, per quel che concerne nello specifico il mondo del ciclismo, vale anche per il caso in cui avvenga l’investimento di un ciclista.

L’auspicio, se non la certezza, è quella che nessuno si metta in sella alla propria bicicletta nelle condizioni in cui si trovava il pedone che è stato investito e cioè il protagonista del giudizio avanti la Corte di Cassazione.

Necessità di approfondire l’argomento riguardante la sicurezza sulle strade per i ciclisti e la morte di Michele Scarponi.

L’argomento riguardante i sinistri in cui sono, purtroppo, e molto spesso, coinvolti i ciclisti – definiti, a ragione, “vittime deboli della strada” – merita certamente un apposito approfondimento, specie se la nostra memoria ci riporta alla mente il dolore e la sofferenza che ha pervaso ogni appassionato di ciclismo allorquando si è appreso della prematura morte di un grande campione come è stato lo sfortunato Michele Scarponi.

(*) Avvocato in Bergamo

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