Ho letto che nel presepio c’è tutto. Mi sono chiesto che cosa significhi. Che cosa vogliano dire quella capanna, quel bambino, quel papà e mamma, quei pastori, quel bue e quell’asinello. Che cosa significhi quella stella cometa… E mi sono chiesto perché mai da quasi mille anni si insista in questa rappresentazione, perché a ogni Natale si tirino fuori statuine e capanne e si realizzi quest’opera, questo diorama, miniatura di paesaggio, chiamatela come volete.
In realtà, mi sono detto, non c’è niente di complicato, è tutto di una profonda e naturale semplicità. Nel presepio c’è davvero l’essenziale della vita, si celebra la nascita anche nella povertà, nella provvisorietà. Niente è più importante di una vita che viene al mondo. E possono gli Erode di oggi continuare a sparare, a buttare bombe, su scuole e ospedali, a uccidere anche tanti bambini. Non uccidono il senso della vita. E nemmeno lo uccide questo consumismo sfrenato, che si allea al nostro narcisismo più sterile che davanti alla propria immagine, al proprio piacere più spicciolo, si dimentica di quello che conta davvero nella vita.
Viviamo in un paese che non fa più figli, che non genera, che è in fondo alle graduatorie del mondo come natalità. Viviamo in una provincia che è agli ultimi posti delle nascite in Italia, quindi in fondo al mondo. Ma che cosa sta succedendo?
50-presepio
Ma questo è un giornale “on line” che parla di ciclismo e di biciclette, quindi è inutile parlare di queste cose.
Invece no. E lo dico e lo ripeto spesso, il ciclismo c’entra eccome, nel senso che è uno sport di impegno, di fatica, di responsabilità. Uno sport dove raggiungi un risultato soltanto a prezzo di grandi, talvolta enormi, sacrifici. Ma poi assapori quella che è la felicità, qualcosa che anche gli antichi sapevano bene si prova soltanto se la si è duramente conquistata. Per aspera ad astra.
Così potremmo azzardare e affermare che la fatica che buttiamo nella bicicletta è della stessa qualità di chi si prende la responsabilità di metter su famiglia, consapevole che non sta per affrontare una passeggiata – come ci fanno intendere le pubblicità e certa cultura – ma tutt’altro: ci stiamo avviando lungo una salita difficile. Un sentiero impervio. Ma proprio per questo entusiasmante. Una sfida! Una sfida stare con un uomo o con una donna per tanti anni. Una sfida tirare su figli che hanno tante esigenze, a ogni età, e che ti costringono in diverse occasioni a dimenticare un po’ te stesso. Già. Ma ti riempiono la vita, ti fanno sentire importante, utile a questa umanità, a questo nostro destino che non capiamo, che spesso ci sorprende, qualche volta ci amareggia.
E allora ecco il mio augurio per il nuovo anno: di pedalare tanto, di fare tanta fatica, e di vedere posti belli, di accettare sfide difficili. E poi se si perde, chi se ne frega. L’importante è averci provato con coraggio e coscienza. E il secondo augurio è ovvio: come in bicicletta, anche nella vita, accettiamo la sfida di essere uomini, tutta la fatica e la responsabilità di essere mogli, mariti, genitori.
Meglio se anche ciclisti… Buon Natale.