Il mondo dello sport in questi giorni è stato scosso dalla tragica scomparsa del capitano della ACF Fiorentina, Davide Astori. La notizia ha, inevitabilmente, polarizzato l’attenzione di tutte le trasmissioni sportive. Tra le tante parole utilizzate per comprendere e elaborare il lutto alcune sono state particolarmente pesanti. 

Mario Sconcerti, giornalista e scrittore, firma del Corriere della Sera e uno dei giornalisti, non solo sportivi, più conosciuti del panorama nazionale, durante un suo intervento domenica sera a Novantesimo Minuto ha affermato: “Quella di Davide Astori non è una morte di ciclismo”

Sinceramente non avevamo visto la trasmissione e non eravamo a conoscenza di questo grave episodio fino a quando ieri, nella casella di posta elettronica della nostra redazione, ci è arrivata una comunicazione delle Federciclismo che ci informava dell’accaduto e diffondeva la lettera di scuse e di spiegazione del giornalista indirizzata al presidente della FCI Renato Di Rocco. Volutamente non ne avevamo dato spazio in quanto ci era sembrato un maldestro modo di rimediare ad una gaffe molto grave. Questo il contenuto della lettera:

Caro Presidente,

amici comuni mi dicono che durante Novantesimo minuto di ieri avrei offeso la memoria del ciclismo quando parlando della morte di Davide Astori avrei detto che non era una morte da ciclismo. Ricordo di aver usato questa specie di paragone, ma non con un intento offensivo. Nè vedo perchè avrei dovuto farlo. Tu sai l’amore che porto a uno sport che ha contribuito tanto alla mia storia professionale. E dove ancora oggi ho tanti amici e ricordi. La differenza che intendevo è che Astori è morto a letto, nel sonno, non aveva fatto i durissimi sforzi atletici che si fanno nel ciclismo e che a volte hanno portato a incidenti gravi. Non volevo certo fare una gerarchia della morte nello sport. Nè offendere qualcuno, non sarebbe stata nemmeno la trasmissione giusta per farlo. Nè mi va mai di offendere qualcuno in generale. Se non mi sono fatto capire mi dispiace, è colpa mia. Ma non mi ritrovo in qualcosa che mi mette contro un mondo che è stato e resta una parte importante di me. A presto e con l’affetto di sempre,

Mario Sconcerti”

Ma ciò che ci aveva lasciato ancora più perplessi era che la Federciclismo si prestasse a dare adito a questo tentativo di spiegazione che abbiamo trovato francamente fuori luogo, forse ancora più di quella grave affermazione. Quindi, avevamo deciso non meritasse spazio e attenzione. Crediamo che il silenzio, a volte, valga più di mille parole.  

Oggi però non possiamo più tacere. Perchè chi, giustamente, forse più di noi è stato colpito nel profondo dalle brutte parole di Sconcerti ha risposto con un video sui social, in un modo che abbiamo trovato esemplare e intelligente. La persona in questione è Marco Cavorso, delegato ACCPI per la sicurezza, ma soprattutto papà di Tommy, che nel 2010, a 13 anni, è stato ucciso da un’auto mentre si sta allenando in sella alla sua bicicletta. 

Si è messo davanti ad una webcam e con in mano un cartello inequivocabile “Sig. Mario Sconcerti, le spiego come muore un ciclista…”, ha usato parole pesanti contro il giornalista, parole che devono fare riflettere tutti. 

(Servizio a cura di Giorgio Torre)

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